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Geometria della Paura

Termine coniato dal critico e poeta britannico Herbert Read nel 1952. Egli usò la frase in una recensione del padiglione britannico alla Biennale di Venezia di quell'anno. Il contributo britannico fu una mostra dei lavori del gruppo di giovani scultori che era emerso subito dopo la seconda guerra mondiale, sulla scia del più vecchio Henry Moore. Il loro lavoro, e quello di Moore allora, era caratterizzato da figure spinose, aliene, o contorte, torturate, malconce o distrutte, di aspetto simile a a quello umano, o a volte a quello animale. Erano eseguite in bronzo bucate o metallo saldato e esprimevano vivacemente una serie di stati d'animo ed emozioni legati alle ansie e le paure del periodo post-bellico. Gli artisti erano Robert Adams, Kenneth Armitage, Reg Butler, Lynn Chadwick, Geoffrey Clarke, Bernard Meadows, Eduardo Paolozzi e William Turnbull. Una scultura di Moore era al di fuori del padiglione. Del loro lavoro Read ha scritto: 'Queste nuove immagini appartengono all'iconografia della disperazione, o della sfida, e più innocente è l'artista, tanto più efficacemente si trasmette il senso di colpa collettivo. Ecco immagini della fuga, o ruvidi artigli che "corrono sul fondo di mari silenziosi", di carne escoriata, sesso frustrato, la geometria della paura.' La citazione all'interno del testo di Read è da 'Prufrock' del poeta TS Eliot. L' immagine di 'ruvidi artigli "che corrono"' poeva riferirsi al Black Crab di Meadows del 1952.

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